Frammenti di memoria che ritraggono un Carino Gambacorta tra pubblico e privato. A quindici anni dalla morte il Sindaco della “ricostruzione” è qui raccontato dagli occhi del nipote, in un viaggio dove il valore degli affetti si sposa con quello degli insegnamenti. L’immagine dell’uomo politico e quella dello storico si alternano a scorci domestici, nel segno di un’aneddotica dell’intimità che descrive con semplice profondità una delle figure più rappresentative dell’Abruzzo contemporaneo. Lontano da toni enfatici ed elegiaci, Simone Gambacorta dà corpo a un ritratto inedito di quel nonno che scriveva libri e che sapeva parlare col silenzio. Prefazione al volume di Antonio Tancredi. «Con mio nonno ho avuto un rapporto lungo ed esclusivo. È inziato quando sono nato ed è terminato quando è morto. Avevo quindici anni, quinta ginnasio. Mio nonno l’ho vissuto ogni giorno, è stata una presenza costante e centrale. È mancato nel momento in cui avrei avuto più domande da porgli. Da allora l’ho sognato una volta sola e l’ho pensato almeno una volta ogni giorno». Simone Gambacorta, giornalista, scrive di libri e letteratura su varie testate locali e nazionali. È direttore del Festival letterario Lib[e]ri, componente di Giuria del Premio Teramo e Socio ordinario della Deputazione Abruzzese di Storia Patria.
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