Seconda edizione riveduta e ampliata del bellissimo libro YULDO, di Silvio Jovane: un libro molto intenso fatto di emozioni, viaggi, esplorazioni, spedizioni, scalate... Vita vissuta intensamente. Yemen, Etiopia, India, Pakistan e tantissimi altri luoghi remoti visitati per conoscere, conoscere per "vivere... pensare... cercar di capire..." La Presentazione è a firma di Luisa Iovane, fortissima alpinista e campionessa di arrampicata. La Prefazione è di Stefano Ardito, tra le firme più autorevoli del giornalismo di viaggi e di montagna in Italia. Dalla Presentazione di Luisa Iovane:
"Quando ho iniziato ad arrampicare, ancora ragazzina, erano in molti a chiedermi se ero parente dell’alpinista romano Silvio Jovane, Accademico del CAI, e con orgoglio potevo rispondere che era mio zio. In verità in famiglia a Mestre arrivavano solo notizie frammentarie della sua attività in montagna, ma sapevo che non era andato al matrimonio di mio padre perché in spedizione al Saraghrar, e in cantina c’era una sua vecchia corda di canapa verde, famosa per aver tenuto un tremendo volo sul Dente del Gigante (mi viene ora il dubbio di averla usata anch’io le prime volte in palestra). Invidiavamo anche molto i cuginetti, che potevano saltare la scuola e partire per viaggi avventurosi in luoghi esotici, mentre noi andavamo in campeggio a tre chilometri da casa. Alla fine ho seguito le tracce di questo zio fuori dagli schemi, nel Sahara e in Pamir ci sono arrivata anch’io, e non sono andata al matrimonio delle mie sorelle perché dovevo partecipare a qualche gara d’arrampicata. Non avrei però mai immaginato la portata delle sue imprese alpinistiche, vie nuove e invernali, elencate per fortuna da Stefano Ardito, e il livello delle sue esplorazioni, fatte con mezzi oggigiorno impensabili. Quello che mi ha colpito di più però è stato lo stile dei suoi tentativi sulla Torre d’Alleghe nel 1960. Zio Silvio ha dimostrato capacità d’arrampicata e una mentalità molto avanti per il suo tempo, rinunciando a una splendida salita fattibile in libera perché non voleva mettere chiodi a pressione, proprio negli anni delle Direttissime. E adesso spero di tornare in suo onore sulla Torre d’Alleghe a cercare le iniziali SJ scolpite nella roccia!" Dalla Prefazione di Stefano Ardito: "Oggi le vie di arrampicata in falesia hanno dei nomi fantasiosi. Pichenibule ed Hellzapoppin’, Stretching per un nano e Vai mo’. Qualche decennio fa, quando ho scoperto la roccia sulle pareti del Morra, a due passi da Roma, l’elenco delle vie era un elenco dei personaggi, tutti amici tra loro, che le avevano aperte. Se la Marco, la Marino, la Gigi e la Dado tramandavano il nome (o il soprannome) del protagonista, per le creazioni della generazione precedente si usavano ancora i cognomi. La Lopriore, il Camino Jannetta, la Zapparoli. Un solo alpinista aveva dato il suo nome a due vie. Ma la Silvio alta e la Silvio bassa, tracciate sulle due fasce rocciose del Morra, non erano solo dei percorsi, ma dei miti. La seconda, con i suoi movimenti delicati su minuscole gocce di roccia, anticipava l’arrampicata moderna a Sperlonga. La prima, con una traversata orizzontale su un calcare diabolicamente levigato, con solo una fessura rovescia per le mani, esponeva a un brutto volo sia il primo sia il secondo di cordata. Per entrambe si usavano due parole che allora venivano pronunciate raramente. Sesto grado. Qualche anno dopo ho iniziato ad arrampicare al Gran Sasso, e ho scoperto che Silvio Jovane non aveva legato il suo nome solo a quelle rocce, tutto sommato modeste, in Sabina. In cordata con altri grandi del tempo, da Franco Cravino a Gigi Mario, aveva aperto sul massiccio abruzzese degli itinerari magnifici, dalle difficoltà non estreme ma di una logica e di un’estetica straordinarie..." |